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Riedesel, Johann Hermann : von


Riedesel, Johann Hermann : von

1740

XVIII

M

Col viaggio in Sicilia e nella Magna Grecia nella primavera del 1767 Johann Hermann von Riedesel, barone di Eisenbach di Altenburg, (1740-1785) realizzava il sogno di ogni classicista dell’epoca: visitare se non la Grecia, almeno, la sua non secondaria appendice italiana. In Italia c’era già stato una volta tre anni prima, ma, come era consuetudine, non si era spinto al di là di Napoli.
 

Appassionato di studi classici il Riedesel, diversamente dal padre, Johann Volbrecht von Riedesel (1696-1757), generale al servizio del Re di Prussia, coltivava «la philosophie, la politique, la litérature» (così Carlo Denina in una sua nota biografica ne La Prusse littéraire sous Frederic II.). Nel 1760 compie un viaggio a Vienna alla Corte Imperiale, e da lì raggiunge Stoccarda dove resta per qualche tempo al servizio del Duca Carl Eugen (1728-1793). Dopo un viaggio nella Francia meridionale (Lione, Marsiglia) raggiunge nell’ottobre del 1762 Roma via Genova-Torino-Milano. È a Roma che conosce il Winckelmann. Da Roma, nel gennaio-febbraio del 1963, raggiunge Napoli. Nel viaggio di ritorno visita Firenze e Venezia. Nell’agosto del 1763 è in Germania dove trascorre il resto dell’anno e tutto l’anno seguente. All’inizio del 1965 è di nuovo a Stoccarda sempre al servizio del Duca Carl Eugen. Questi, nella primavera di quello stesso anno, lo invia a Losanna dove viveva il fratello Ludwig Eugen (1731-1795) che era in rapporti con Voltaire e Rousseau all’epoca residenti anche loro in Svizzera. Richiesto di una lettera di presentazione per il Rousseau, Ludwig Eugen così presenta il giovane barone: «Un jeune baron Riedesel, plein d’âme de reconnaissance, et pénétré de respect pour mon digne ami, se propose de vous aller voir.
Ce jeune homme est d’autant plus intéressant, que la nature semble avoir donné autant de laideur à sa petite figure que de beauté à son caractère. Veuillez donc le recevoir avec bonté».


Su invito del Winckelmann il Riedesel tornerà in Italia nel 1766-1767 ed è in questo secondo soggiorno che si colloca il viaggio in Sicilia e nella Magna Grecia. Dopo avere visitato il sud dell’Italia e, nel 1768, la Grecia sino a Costantinopoli, il Riedesel continuerà le sue peregrinazioni per l’Europa: nel 1769, in Spagna, Portogallo ed Inghilterra dove soggiorna a lungo, almeno sino al febbraio del 1771 attratto dalla modernità della capitale inglese. Dall’Inghilterra raggiunge Parigi dove resta sino all’aprile del 1771. Visite poi il Belgio e l’Olanda. Quando a Berlino, nel febbraio del 1772, viene presentato a  Federico II. «Ce roi, qui se rappeloit qu’un Riedesel avoit été au service du roi son père,  racconta sempre il Denina  demanda s’il en étoit parent. Il apprit qu’il en étoit fils; & lui trouvant de l’esprit, des connoissances & un caractère qui l’intéressèrent, il lui fit offrir par le comte de Finckenstein la clé de chambellan & duex mille écus de pension, s’il vouloit s’attacher à lui & demeurer à Potsdam». Riedesel accetta e in cuor suo spera che il re lo invii prima o poi come suo diplomatico a Londra. L’anno successivo invece il Re lo nomina suo «inviato straordinario e ministro plenipotenziario» alla corte di Vienna. All’inizio la capitale degli Asburgo lo delude (ha in mente l’esperienza londinese). Ecco cosa scrive al cugino Dieden inviato danese a Londra: «On ne parle jamais d’affaires ici, et il n’y a rien de plus difficile, que de placer un mot à cet égard: Vous seriés bien étonné en venant d’un pays (l’Inghilterra), où l’on ne fait que politiquer du matin au soir», «On s’amuse, et l’on ne s’occupe guères». La leggerezza viennese però alla fine deve averlo conquistato se, a distanza di qualche anno, può scrivere al cugino di non avere l’intenzione di lasiare Vienna («Je ne demanderais jamais à sortir de Vienne»). Purtroppo il soggiorno viennese doveva concludersi tragicamente: vi morirà il 1785 in seguito ad una caduta da cavallo nel parco di Schönbrunn. «Notre perte – scriverà allora Federico II alla vedova – est réciproque, Madame. Vous regrettez la mort d’un mari digne de toute votre tendresse; et moi un ministre dont J’avois éprouvé le zèle et l’attachement et J’avois trouvé digne de toute ma confiance».


L’incontro più importante della sua vita è però l’incontro col Winckelmann a Roma nell’ottobre-dicembre del 1762. Al Winckelmann il giovane barone era stato raccomandato perché gli facesse da guida nella visita dei tesori artistici della città. All’inizio l’antiquario sarà stato probabilmente diffidente – non aveva una grande opinione di questi giovani aristocratici che, come ebbe a dire, «arrivano da invasati e se ne partono da asini». Frequentandolo e conoscendolo da vicino, l’antiquario stavolta dovrà ricredersi. Il barone ricco di «gusto e conoscenza» e «dallo spirito sciolto e fino» (Winckelmann) entra nel numero, ristrettissimo, dei suoi amici personali. In seguito sarà lui a convincerlo a tornare in Italia una seconda volta, e per un periodo di tempo più lungo. E quando, verso la fine del 1765, apprende che il barone è sulla via di Roma, si affretta a comunicargli la sua gioia e gli assicura la sua disponibilità a trascorrere in sua compagnia quanto più tempo possibile. Tutto il 1766, sino ai primi del 1767, il Riedesel lo passerà infatti a Roma in quotidiano contatto con l’amico antiquario che avrebbe dovuto anche accompagnarlo nel viaggio nella Magna Grecia.


Winckelmann non andrà in Sicilia ma gli sarà prodigo di consigli (anche bibliografici); e il Riedesel gli invierà i suoi appunti di viaggio, una sorta di relazione sui reperti archeologici greci in Sicilia. L’antiquario legge quanto il suo giovane amico gli comunica ed esprime il suo compiacimento in una lettera del 2 giugno 1767 («Dai soli appunti sul Tempio di Girgenti capisco che Voi avete visto di più e più in profondità di chiunque altro»). S’impegna a scrivere una prefazione qualora, come auspica, le sue note di viaggio venissero pubblicate. A fine giugno – lettera del 27 giugno del 1767 – accusa ricevuta dell’«utile ed istruttivo diario del suo viaggio», e comunica di avere avviato i primi contatti per la pubblicazione del volume presso gli amici editori svizzeri, Füßli e Usteri. In una lettera del 17 luglio 1767 si raccomanda che tutte le comunicazioni vengano raccolte in volume e non vadano disperse in riviste, s’impegna a scrivere una prefazione e chiede il permesso di rivedere il manoscritto. Lo prega infine – lettera del 21 luglio 1767 – di fargli avere al più presto anche la parte riguardante la Magna Grecia.


Il volume uscirà nel 1771, a Zurigo, presso l’editore Orell, Geßner, Füßlin und Comp., col titolo Reise durch Sizilien und Großgriechenland (Viaggio attraverso la Sicilia e la Magna Grecia) senza la promessa prefazione. A questa data Winckelmann era morto già da tre anni. L’opera fu subito tradotta, dapprima, in francese (Voyage en Sicile et dans la Grande-Grèce adréssé par l’auteur a son ami Winckelmann accompagné de notes du traducteur et d’autres additions interessantes, Franç Grasset, Lausanne 1773), poi, in inglese (Travels through Sicily and that part of Italy formally called Magna Grecia, Edward and Charles Dilly, London 1773) entrando così nel grande circuito culturale europeo e diventando ben presto lettura obbligata per tutti coloro che s’interesseranno alla Sicilia e a quelle regioni che un tempo avevano costituito la Magna Grecia.


Dell’importanza del libriccino del von Riedesel è possibile farsi un’idea da un passo del Viaggio in Italia di Goethe. Questi, la mattina del 26 aprile 1787, a Girgenti, appena sveglio, si affaccia alla finestra della sua abitazione e, alla vista della Valle dei Templi nel tripudio della primavera siciliana, commosso, va col pensiero grato ad un «amico segreto», che, «taciturno ma non muto» lo stava guidando in questo suo tour siciliano. «Riserbo e discrezione – scrive – m’hanno impedito finora di nominare il mentore che guardo e ascolto di tanto in tanto: alludo all’eccellente von Riedesel, il cui libricino custodisco in seno come breviario o talismano. Ho sempre gradito specchiarmi in quelle personalità che posseggono ciò che manca alla mia, e precisamente, nel caso in questione, un calmo proponimento, la certezza dello scopo, strumenti nitidi e idonei, preparazione e conoscenza, intimo rapporto con un maestro impareggiabile quale il Winckelmann. E tuttavia non posso rimproverarmi se cerco di conquistare di sorpresa, di forza e con l’astuzia ciò che per vie ordinarie mi fu negato finora dalla vita. Possa quell’uomo egregio intuire in questo momento, fra il tumulto mondano, come un grato epigono celebri i suoi meriti, solitario nel solitario luogo che affascinò anche lui tanto da fargli desiderare di trascorrere qui i suoi giorni, dimentico di quelli che amò e da essi dimenticato».


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