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I racconti del Nord / Skender Drini ; traduzione, introduzione e cura di Pavlina Naska - Edizioni dal Sud , 2007 - 248 p. - parzialmente riprodotto - recensione a cura di Giovanna Scianatico.


“I racconti del Nord” di Skënder Drini si reggono su una polarizzazione che si può esprimere emblematicamente attraverso due testi, su una dialettica tra il realismo quotidiano della “Strada per Bordolec” e l’evocazione visionaria della “Leggenda dei puledri bianchi”, dai campanelli di oricalco. Ma è in realtà all’interno di ciascuno dei racconti che si ripropone la tensione tra uno stile serrato, breve, asciutto, e aperture di intenso lirismo - soprattutto in rapporto alle immagini della natura - ritmi ampi e ciclici con andamento di ballata popolare. Quella di Drini è una scrittura realistica, attenta alla ricostruzione plastica dei dettagli del quotidiano, e insieme carica di risonanze leggendarie. Ora si tratta di individuare, per venire a capo di tante contraddizioni, una linea in grado di evidenziare l’unitarietà di fondo del volume, oltre la varietà dei singoli racconti, una linea che mi sembra di poter cogliere nella sua componente odeporica. Intanto il titolo, “I racconti del Nord”, presenta in sé una nozione di luogo, una oggettiva definizione geografica, ma anche di intenso fascino e valore evocativo. È questa una forte componente della scrittura di viaggio (che intendo, secondo l’accezione più recente, come sistema di generi letterari: diario, relazione, autobiografia, narrativa, geografia, corografia, descrizione di luoghi, ecc. ) e la foto di copertina del libro di Drini, che raffigura una sorgente tra le rocce, ne conferma l’interpretazione paesistica. Ma veniamo al testo: il primo dei racconti (e l’inizio ha sempre valore programmatico in un’opera letteraria), “Strada per Bordolec”, segna, inscrive il libro nel tema del viaggio (qui viaggio di lavoro e di conoscenza). L’andare, il movimento del percorso si connette al motivo dei compagni di strada, della relazione con l’altro, è anzi doppio e metafora del rapporto, della conversazione. C’è il passaggio dall’afasia, dal silenzio dei viaggiatori nella città, all’ apertura, al dialogo quando si esce da questa; fare la strada insieme è simbolo del rapporto, e, attraverso gli eventi del viaggio, le tensioni tra i protagonisti trovano un’evoluzione pacificante. L’aspetto idillico–paesistico è qui come ritirato, compresso sul sottofondo del racconto, ma balena, traspare ed è rilevante: cielo, nuvole, alberi, rami di faggio. In “Mentre si avvicina l’alba” c’è un rapporto interno-esterno, in cui l’interno è il luogo del conflitto trattenuto, delle chiacchiere vane, del pessimismo, e l’esterno è lo spazio del libero movimento dell’andare, del viaggiare a piedi attraverso la collina, della solidarietà umana (si tratta di trasportare in barella una partoriente); movimento che si sublima nello slancio del volo simbolico dell’elicottero, volo d’aquila, allegoria del riscatto sociale e del futuro dell’Albania. Nella “Leggenda dei puledri bianchi”, dal ritmo epico, emerge a pieno il sentimento della natura nel paesaggio arcaico delle montagne del lago, accanto a topoi leggendari e all’identificazione di movimenti e sentimenti umani con le forze telluriche della natura.nÈ la leggenda – veritiera – dell’innocenza e della fierezza , della lotta popolare contro la sopraffazione. I puledri evocano il movimento, cavalcano come il vento verso la montagna. Il viaggio è qui nel racconto dal ritmo di una ballata popolare, nella corsa dei puledri bianchi che sembrano portare leggeri, nella voce argentina dei loro campanelli, la voce dell’anima del popolo delle montagne, della resistenza contro la violenza del potere e della ricchezza: “il ricco ha caricato il povero di legname per tutta la vita”. Ne “Il dovere e qualcos’altro”, ambientato su una corriera in partenza per Scutari, il viaggio nemmeno ha inizio, e la novella anzi termina dove quello comincia. Ma è il suo tema, con valenza simbolica, a fondarla. La corriera è un microcosmo umano; si tratta di un racconto di situazione, di attesa, di disagi e tensioni conflittuali , che si sciolgono alfine con un’affermazione di solidarietà umana. In Nostalgia del mare accanto alla montagna compare la distesa equorea, in un andirivieni tra i due spazi, con spaccati paesistici tipici dell’odeporica. Qui il viaggio è “nostòs”, nostalgia, dolore della lontananza e del ritorno: il tema ulissiaco. Solo lo mitiga la compassione, la comprensione umana. Qui, come in tutto il libro, il rapporto tra uomo e natura si reduplica in quello della solidarietà tra uomini, e qui sta , mi sembra, il suo significato essenziale. Il viaggio, e specificamente l’attenzione al “genius loci”, ai paesaggi e alle cittadine che costituiscono l’anima e l’identità di un Paese, riconducono dunque il volume di Drini all’odeporica: il tema è simbolo di incontro, apertura all’altro, orizzonte di dialogo.

GIOVANNA SCIANATICO


Monografia



Edizioni dal Sud


Edizioni dal Sud

2007

XXI

248 p.



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