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Carte di viaggio : studi di lingua e letteratura italiana - Pisa [etc.] : F. Serra, (2008-) - A. MMIX, n°2, 2009. - recensione a cura di Marta Pierri.


«Carte di viaggio» (periodico diretto da Vincenzo De Caprio, Marco Mancini e Pietro Trifone) esce con il suo secondo numero, proponendo sei interventi, che confermano la vocazione della rivista nell’esplorare a più livelli i mari della letteratura di viaggio attraverso testi, ricostruzioni, analisi. Gian Mario Anselmi in “Scrittori e poeti dal viaggio alla villeggiatura” evidenzia come la letteratura, anche oggi, possa essere uno stimolo per chi vuole viaggiare, conoscere, esplorare, e come i sentimenti che ispiravano il viaggiatore di un tempo siano gli stessi che animano il turista odierno: da una parte l’aspirazione al ‘locus amenus’ (topos della letteratura classica) in cui rifugiarsi e ristorarsi, dall’altra il desiderio romantico di avventura, esplorazione, sensualità liberata. Laura Ricci, in “L’italiano in Africa. Lingua e cultura nelle ex colonie”, ripercorre la storia delle ex colonie italiane in Africa (Libia e Corno d’Africa con Eritrea, Etiopia e Somalia) e la diffusione, nonché il progressivo indebolimento, della lingua e della cultura italiana prima nel campo del commercio (soprattutto di schiavi), poi della diplomazia, dell’istruzione, della vita civile e militare. Particolare attenzione è dedicata al ruolo svolto dalla propaganda fascista nell’imposizione della cultura e della lingua italiane in suddetti territori, attraverso i mezzi di comunicazione primari quali radio, cinema, stampa periodica e narrativa. Il saggio di Alessandra Debanne, “Il lessico tecnico e geomorfologico marinaresco in un portolano del Duecento: il ‘Compasso de navegare’”, analizza dal punto di vista lessicale il più antico portolano noto nella tradizione italiana, datato al 1296 e conservato a Berlino nel codice Hamilton 396. Il testo - che può essere suddiviso in categorie lessicali relative al settore tecnico-marinaresco, geomorfologico, antropico e a quello della denominazione dei venti - offre una delle più antiche testimonianze riguardanti la terminologia marinaresca e geomorfologica in uso nel Mediterraneo medioevale. Giulio Vaccaro in “La lingua al di là di Tule” sottolinea la difficoltà per viaggiatori ed esploratori, a partire dal Cinquecento, di dare un nome a cose e fenomeni presenti esclusivamente nei Paesi nordici. Per tutto il Medioevo, infatti, il Nord dell’Europa, ancora inesplorato, era stato descritto come terra selvaggia e isolata, a metà strada tra fantasia e realtà. Con l’età delle scoperte geografiche, invece, i racconti di viaggio si arricchiscono di particolari veritieri e una nuova curiosità, in ambito non solo culturale, ma anche linguistico, affiora nelle descrizioni del tempo. Lo studioso mette in evidenza i differenti atteggiamenti del viaggiatore e dell’esploratore del Cinquecento nel rapportarsi con le realtà linguistiche dei Paesi nordici. Il viaggiatore si limita a porsi con freddezza e distanza verso queste, l’esploratore, invece, si avvicina con curiosità ed interesse, cercando di farne propri i tratti lessicali. Particolare attenzione è posta dallo studioso all’opera compiuta da Giacomo Bove nell’introduzione di neoformazioni e prestiti nordici all’interno della lingua italiana, attraverso i resoconti delle sue esplorazioni compiute nell’Europa del Nord. Miriam Rita Policardo ne “Il nuovo mondo e il viaggio nel Cinquecento: Leonardo Fioravanti e i testi dei segreti” si sofferma su come la scoperta del Nuovo Mondo abbia prodotto cambiamenti rilevanti, in particolar modo nella concezione del viaggio e nella sua descrizione. Se per gli autori medioevali, infatti, il viaggio reale si intreccia con quello immaginario, le cose viste con quelle riferite, nel Cinquecento, invece, mercanti, geografi e missionari raccontano le loro imprese oltreoceano, descrivono nuove terre e nuovi popoli, dando vita ad una nuova tipologia letteraria: quella ‘odeporica’. Il viaggio, però, non è presente esclusivamente in tale ambito, ma anche in scritti tecnico-scientifici derivanti dall’osservazione e dalla conoscenza diretta della natura, nonché nei libri dei segreti (ricettari in cui si davano prescrizioni delle erbe da utilizzare in certi medicamenti). Leonardo Fioravanti, infatti, nel suo libro dei segreti non si sofferma solo su sterili elenchi di cure mediche, ma, attraverso la descrizione di viaggi e di luoghi visitati, rinnegando le vecchie ‘auctoritates’, evidenzia come solo il ‘camminare’ per il mondo porti al raggiungimento della vera conoscenza, in ogni campo del sapere, anche in quello medico. Infine, Annamaria Cavalli, in “Ammalarsi d’America. Il Borgese di ‘Atlante americano’ tra Soldati e Cecchi”, confronta l’immagine che il giornalista-scrittore Borgese dà del continente oltreoceano in “Atlante americano”, con quella di Soldati e Cecchi. Tutti e tre gli scrittori-giornalisti hanno vissuto durante gli anni del fascismo e del relativo antiamericanismo. Borgese (che espatria in America dopo aver rifiutato di prestare giuramento al Partito Nazionale Fascista), a differenza degli altri due, attraverso la descrizione di luoghi, di uomini, nonché l’annotazione di tipiche espressioni linguistiche, permette di cogliere i lati più umani e più intimi del Continente, evidenziati dallo sguardo appassionato dello stesso autore. L’entusiasmo che anima Borgese è lontano da Soldati e Cecchi che, pur riconoscendo il fascino che questa terra trasmette, ne evidenziano gli aspetti più cupi, più scabrosi e artificiali. Se per questi ultimi, infatti, l’America rappresenta solo un paese da descrivere per svolgere al meglio il proprio lavoro di reporter e appagare la curiosità dei lettori, per Borgese non rappresenta solo un paese ma una Patria: quella della libertà restituita. Chiude il numero della rivista una sezione dedicata alle recensioni. MARTA PIERRI



Periodico



F. Serra

periodico annuale di lingua e letteratura italiana


2009

XXI




critica letteraria (literary criticism)

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