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Gli occhi dell'imperatore : romanzo / Laura Mancinelli - Torino : Angolo Manzoni, 2008 - 141 p. ; 21 cm. – recensione a cura di Daniela Nuzzo.


Gli occhi dell’imperatore è il romanzo che chiude la trilogia d’esordio di Laura Mancinelli ed è libro vincitore del premio Rapallo, storico premio per la narrativa femminile.
Gli occhi, azzurri e celestiali, cui il titolo fa riferimento sono gli occhi dell’amato che la protagonista costantemente rievoca per richiamare e rinvigorire la fiamma d’amore; sono gli occhi dell’imperatore Federico II di Svevia, cui Bianca di Agliano è promessa, gli occhi che la accompagnano lungo il cammino che coronerà il duraturo amore, un viaggio dal castello del Monferrato sino ai possedimenti dell’uomo amato, un itinerario che dal Piemonte giunge sino alla Puglia, attraversando circa un anno della vita dei protagonisti.
Accanto a lei, in questo viaggio che è vero percorso di vita (perchè conduce al matrimonio, perchè porta in terre lontane, perchè rende fisicamente vicina una speranza coltivata da anni), troviamo un fedelissimo di Federico, il cavaliere di Tannahaus, ulteriore protagonista della vicenda: musico, poeta e colpito da un maleficio, il cavaliere non può e non riesce più ad amare; con un’acuta invenzione poetica, colui che dona lirismo e pathos più di altri alla narrazione in realtà è una crisalide vuota che produce armonie e dolci suoni solo riecheggiando in una cassa vuota vibrazioni e sentimenti provati da altri. É il trionfo della malinconia, della rassegnazione, del fatalismo... è l’emblema di un viaggio verso la maturità affettiva destinato a non possedere mai e completamente la meta.
Così, fulcro gli occhi, sfilano davanti al lettore sguardi e paesaggi, l’itinerario si interiorizza e la stessa Puglia acquista una dimensione lirica, terra di mare, di cambiamento, d’amori acerbi nonostante il tempo e le avversità; lo stesso sfondo storico sfuma in un insegnamento più profondo che parla di un animo femminile incapace di colmare le distanze tra desideri e realtà e che chiude la sua esistenza romanzesca in un finale scontato, inevitabile fin dall’inzio, emblema, più che della conclusione di un percorso, dell’impotenza contro le decisioni ed i pensieri altrui, dell’ineluttabilità della frustrazione per un sentimento vigoroso e potente presente nel cuore ma non nella realtà vera.
All’inizio del romanzo, troviamo Federico, vecchio e malato, che demanda al fidato cavaliere di Tannhaus il piacere di scortare Bianca durante il lungo viaggio. All’imperatore, sospeso tra ansia per il traguardo d’amore finalmente raggiunto e riflessioni sul tempo passato, il cavaliere amico rinnova nella memoria dei versi scritti per l’amata.  “Una blanda magia di sole formule sacre, affidata a pochi versi appresi dalle donne siciliane [...] un gioco più che altro” si schernisce Federico, ma il cavaliere di Tannahaus insiste “versi belli non so se per merito tuo o delle maghe siciliane”, quindi declama:

 

Passa per gli occhi il dardo che va al cuore.

Finchè si incontrano gli sguardi degli amanti,

oltre pianure, colli e monti,

nessuno potrà sciogliere il nodo dell’amore.

 

La lettura non può che generare ricordi letterari ancorati alle atmosfere duecentesche; un nome per tutti, Jacopo da Lentini, di cui ci piace qui ricordare il sonetto II:

 

Sì, come il sol che manda la sua spera

e passa per lo vetro e non lo parte,

e l’altro vetro che le donne spera,

che passa gli occhi e va dall’altra parte,

così l’Amore fere là ove spera

e mandavi lo dardo da sua parte;

fere in tal loco che l’uomo non spera,

e passa gli occhi e lo core diparte.

Lo dardo dell’Amore là ove giunge,

da poi che dà feruta, sì s’aprende

di fuoco, ch’arde dentro e  fuor non pare;

e i due cori insemola li giunge

de l’arte de l’amore sì gli aprende

e face l’uno e l’altro d’amor pare.

[in Carlo Salinari (a c. di), La poesia lirica del Duecento, UTET, Torino, 1968]

 Il riferimento, l’eco letteraria è il modulo più riuscito della “storicizzazione” del romanzo: cosa potrebbe infatti richiamare l’atmosfera della corte federiciana più che un sottile lusus letterario?
Così, sommando le vicende narrate alle conoscenze del valore fittizio e non reale dell’amore letterario presso la corte sveva, un ulteriore piano di lettura arrichisce la valutazione del romanzo ed, in particolare, del personaggio del cavaliere di Tannhaus, giocatore senza carte al tavolo dell’Amore.

                                                                                                          Daniela Nuzzo



Monografia



Angolo Manzoni



2008

XX




romanzo (novel), Puglia

Italy

Italiano




Adriatico occidentale

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