Strumenti personali
Tu sei qui: Home Biblioteca digitale Titoli La Dalmazia nelle relazioni di viaggiatori e pellegrini da Venezia tra Quattro e Seicento - Atti del Convegno (Roma 22-23 maggio 2007) / a cura di Sante Graciotti - Bardi Editore, Roma, 2009 - 384 p. : ill. ; 26 cm – recensione a cura di Daniela Nuzzo.

La Dalmazia nelle relazioni di viaggiatori e pellegrini da Venezia tra Quattro e Seicento - Atti del Convegno (Roma 22-23 maggio 2007) / a cura di Sante Graciotti - Bardi Editore, Roma, 2009 - 384 p. : ill. ; 26 cm – recensione a cura di Daniela Nuzzo.


Il volume dedicato agli atti del convegno sulle scritture odeporiche attinenti la Dalmazia e relative ai secoli dal Quattrocento al Seicento raccoglie una nutrita messe di dati ed informazioni utili, in prima istanza o come fonti secondarie, agli studiosi dell’argomento ed a quanti si interessano di viaggi nell’Adriatico.
Variando nei toni e nei temi, naturalmente, le diverse relazioni presentano tutte interessanti prospettive, nuovi spazi di ricerca, rendono degno conto degli studi in corso ed, in generale, mappano opportunamente e proficuamente risorse letterarie che per la specificità del loro pubblico rischierebbero di passare inosservate tra le tante proposte di lettura e scrittura attinenti il nostro tema.
Troppo lungo sarebbe qui esaminare ognuno dei quindici interventi susseguitisi nelle tre giornate romane, ma ci preme prestare particolare attenzione ad alcuni di essi, tralasciandone altri non perché poco convincenti o scientificamente rilevanti, ma perché “spostano” l’asse dello studio verso zone periferiche rispetto al nostro centro d’interesse (parlano cioè di regioni dell’est o danubiane, in luogo del nostro prediletto Adriatico) o perché così doviziose nel puntuale riferimento a fonti documentarie da rendere assolutamente necessario un approccio diretto con i testi o, ancora, perché inerenti specifici aspetti di specifici luoghi, mentre noi prediligeremo un punto di vista generale, con particolare riguardo alle notizie di carattere letterario, bibliologico e filologico presenti negli articoli.
M. Pastore Stocchi nel suo intervento “La Dalmazia nell’immaginario umanistico” pone al centro della propria riflessione quelli ch’egli stesso definisce “i viaggiatori da tavolino” (p. 12): lo spazio è essenzialmente in ambito umanistico ricavato da letture e curiosità ritagliate dai libri e non è, se non per pochi, derivato da una esperienziale conoscenza dei luoghi. Una mediazione letteraria, è la prima riflessione che sorge spontanea nel lettore, quanto mai attinente la temperie culturale dell’età di riferimento.
Stocchi svela, dunque, questo atlante, con particolare riferimento alla Dalmazia, attraverso una nutrita serie di riferimenti a testi ed autori dell’Umanesimo italiano, non senza aver precedentemente puntualmente ricostruito le fonti letterarie mediatrici delle informazioni raccolte. Scopriamo così di dover ragionare secondo le larghe prospettive della tarda età imperiale romana, poiché ad esse l’Umanesimo direttamente si rivolge, tralasciando le indicazioni (fonti alla mano, dimostra Stocchi, in realtà trascuratissime) medioevali, rifacendoci al concetto geografico antico di Dalmatia o Illyricum, una regione ben più vasta dell’odierna Dalmazia. Nella rassegna dei priscos auctores, Stocchi non tralascia né Virgilio né Lucano, né Plinio né Pomponio Mela, avanzando verso un’età meno remota attraverso l’importante nome di Dante, citato sia perché emblema di una conoscenza non soltanto libresca del territorio, ma anche perché sa mettere a frutto informazioni raccolte da viaggiatori coevi, sia perché nel suo De vulgari eloquentia non esita a riconoscere l’identità culturale tra Dalmazia e resto d’Italia, includendola a pieno titolo tra i nostri territori.
Con la sensibilità dello studioso conoscitore dell’epoca di cui sta trattando, Stocchi avverte anche i lettori della “gerarchia” tutta umanistica nelle fonti da cui si attingono informazioni: gli spazi narrati dalla letteratura canonica e dagli Auctores (volutamente in maiuscolo) avranno anche di fronte alla verosimiglianza maggior valore del dato riportato dal nudo e schietto resoconto di viaggio, così Plinio sarà fonte primaria e superiore rispetto, per esempio, al Milione di Marco Polo.
Infine, Stocchi si sofferma sui racconti di viaggi di scoperta tra biblioteche e manoscritti, questi sì frutto d’una concreta esperienza degli autori. Volti per lo più verso Levante, questi viaggi si mantengono entro confini territoriali ben sicuri e vicini, anche se alcuni si sono avventurati anche oltre riportando più o meno rilevanti notizie (p. es. Ciriaco d’Ancona, ma le sue notizie di viaggio sono scarne ed asistematiche; riporterà informazioni inerenti epigrafi ed altre testimonianze archeologiche). Da queste opere, si distanzia il De Europa di Piccolimini che sì si avvale della geografia degli antichi, ma con occhi decisamente “moderni”: la descrizione e la riflessione sull’area balcanica, arguta e precisa, trova senso supplementare nella contemporanea valutazione dell’espansione turca; un’impostazione metodologica nuova, che allarga gli orizzonti precedenti.
E. Antetomaso nel suo intervento “Viaggio virtuale in Dalmazia: significative presenze nelle collezioni librarie romane”, attraverso un accorta descrizione bibliologica, esamina le fonti quattro-seicentesche del fondo corsiniano presso la Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei, cospicua biblioteca della ricca famiglia fiorentina dei Corsini donata ai Lincei nel 1883. Antetomaso parte da un’osservazione preventiva, che chiuderà ad anello il suo intervento, ossia la scelta di collocare le relazioni di viaggio tra la letteratura scientifica, inquadrando, attraverso la collocazione, tra le scienze esatte le relazioni di viaggio, testi che in ambito quattro-cinquecentesco hanno, invece, una spiccata fisionomia letteraria; la radice di tale scelta, afferma la studiosa, è di sapore tutto settecentesco e rimanda ad un certo enciclopedismo, con il gusto per la definizione e la spiegazione puntuale (è citato, a tal proposito, il biblotecario abate G.G.Bottari, curatore della biblioteca e esponente riconosciuto di questo spirito settecentesco).
L’esame degli esemplari prodotta è puntuale e non mancano i raffronti con “fratelli” facenti capo alla stessa edizione e custoditi presso altre biblioteche.
Seguendo un’opinione già propria di A. Petrucci (che di uno di questi esemplari ha curato una edizione facsimile), Antetomaso riconosce nella collezione di itinerari acquisiti dai Corsini una particolare attenzione al filone del libro “popolare” (p.53), avvalorando così la propria personale idea di una raccolta che nella scelta degli esemplari ha prediletto un interesse strumentale e documentario proprio del secolo XVIII. Tant’è, osserva la studiosa, che le acquisizioni successive, ottocentesche, riflettono un pregnante interesse antiquario e vengono tesaurizzate in una diversa collocazione: nel salone dei libri rari e di pregio.
Di viaggi di pellegrini tra Venezia e la Terra Santa si interessano ben tre relatori: R. Tolomeo, M. Pavić, S. Graciotti. Nell’intervento della Tolomeo grande rilevanza è data agli aspetti pratici di questi viaggi, partendo da considerazioni che riguardano il volume d’affari complessivamente sviluppato nella città lagunare attorno ai servizi di guida, alloggio e imbarco dei pellegrinanti. La studiosa dà una compiuta idea degli alloggi nelle navi, dei pasti, delle rotte principali seguite, senza tralasciare, lì dove sia registrato dalle fonti, il puntuale riferimento alla normativa veneziana vigente in materia. Infine, uno spaccato è aperto sugli aspetti “oscuri” connessi ad un tragitto lungo: maree, venti, burrasche e imboscate di pirati. M. Pavić focalizza la propria attenzione attorno ai pellegrinaggi nell’esame di quattro testi in particolare e ricavando da essi precise descrizioni delle coste dalmate. Assai più ricco ed interessante l’intervento di S. Graciotti.
“La Dalmazia e l’iter gerosolimitano da Venezia tra affari, devozioni e scoperte” di S. Graciotti si apre con la suggestiva considerazione che “Venezia fisica e metafisica si mescolano agli occhi dei suoi contemplatori” (p.71): la città lagunare della seconda metà del Cinquecento è porta d’oriente, città simbolo, baluardo della cristianità, “un’altra Gerusalemme” (p.70) con una singolarissima commistione tra sacro e profano che tutta si riflette nella pratica di accompagnamento e gestione dei pellegrini verso la Terra Santa.
All’attenzione di Graciotti non sfuggono né l’identificazione dei Patroni, né la descrizione delle navi, fonti alla mano, snocciola prezzi, l’elenco delle varie adempienze (numero di borse da portare, obbligo di testamento, abbigliamento da indossare, persino la cifra – 50 ducati veneziani – da tenere in borsa in caso di malattia) e dopo una valutazione della durata del viaggio se ne ricava la considerazione che “la traversata da Venezia in Terra Santa era una vera via crucis, frequenti i decessi, ancora più numerosi i pellegrini che desistevano dal viaggio e ritornavano a Venezia da qualche scalo intermedio” (p.77).
Non mancano aneddoti vari: le discordie a bordo tra nazionalità diverse che fanno “naufragare” il viaggio più delle bufere all’indomani dello stallo della guerra tra Venezia e i turchi (1479), le ubriacature, i furti, i balli. Naturalmente, alcuni dei viaggiatori si occupavano di altro: tracciavano di proprio pugno resoconti del viaggio, che, osserva lo studioso citando anche altri che condividono con lui l’opinione, molto simili a racconti edificanti, finiscono per somigliarsi tutti. Graciotti riconosce un’evoluzione in questo sottogenere, con un interesse che si sposta dall’edificazione alla corretta indicazione di porti, coste, rotte: il resoconto di viaggio finisce per somigliare ad un portolano, arricchendo anche sensibilmente il proprio apparato iconografico.
Nell’intervento, lo studioso passa in rassegna i pellegrini in transito per la Dalmazia, individuando moltissimi tra nobili, uomini di famiglia “onorevole”, non nobili e frati, indica con puntuale precisione (parr. 3-5) i luoghi di scalo con un preciso itinerario verso sud e l’indicazione per ciascun approdo (da Pola a Ragusa) delle fonti letterarie di riferimento.
Naturalmente, si sottolinea il valore di queste fonti anche nell’ambito della storia del costume, mentre il calo d’interesse verso il resoconto di viaggio a tutto favore dei portolani tipico della seconda metà del Cinquecento è riconnesso dallo studioso sia con l’atmosfera culturale e cultuale posteriore alla Riforma sia con la caduta del prestigio e della centralità del Mare Adriatico.

Un “itinerario” di tradizione testuale:
Un primo riferimento al Libro d’Oltremare di Niccolò Poggibonsi è inserito, nei nostri atti, nell’intervento a firma Pastore Stocchi, nella disamina dei testi trecenteschi.
Anche i non addetti ai lavori, colgono, nel prosieguo della lettura degli interventi, la ricchezza e la complessità della tradizione testuale del Libro appena citato.
A  p. 50, nell’articolo dell’Antetomaso, è citata ed annotata un’editio princeps del Viazo da Venezia; la studiosa avverte che, mentre l’IGI attribuisce l’opera a tal Noè Bianchi, lo studio introduttivo all’edizione facsimile dell’esemplare in esame, datata 1972 e curata da A. Petrucci, su indicazione del Petrucci stesso, riconduce la paternità dell’opera a Frate Niccolò da Poggibonsi.
Sante Graciotti cita il Libro a p. 79 ed a p. 82; il testo è classificato come manuale illustrato, il titolo conferito è Libro d’Oltremare (titolazione già accettata da Pastore Stocchi), l’autore riconosciuto è Niccolò da Poggibonsi, l’editio princeps è indicata nella stampa avvenuta a Bologna nel 1500 (l’esemplare citato dalla Antetomaso). Graciotti aggiunge che il Libro narra le vicende di un viaggio durato cinque anni (1345-1350)  di un frate toscano (appartenente ad una famiglia pratica di commerci con il Levante, di cui si è occupato lo studioso V. Branca) e che, verosimilmente, l’editio princeps bolognese del 1500 è già frutto di un rimaneggiamento, come sembrerebbero suggerire interventi di “ammodernamento” dei dati proposti (sicché le descrizioni combaciano con la realtà cinquecentesca e non sono adeguate ai tempi dell’originale).
É sempre Graciotti (p.82) ad illuminarci in rapporto al Noè Bianchi menzionato dall’IGI: “[il testo] ridotto e riutilizzato in molte maniere (anche sotto il nome di un fantomatico – anche lui francescano – Padre Noè) avrebbe avuto , nel corso di un paio di secoli, una fortuna straordinaria”.
Infine, torna sull’argomento, nel suo intervento, Pavić citando il Viaggio da Venetia al Santo Sepolcro et al monte Sinai del “preteso frate Noè francescano” (p. 327), chiarendo in nota che l’opera cui fa riferimento, ripubblicata “ben” trenta volte, ha titolo completo: Viaggio da Venetia al Santo sepolcro et al monte Sinai/Col disegno delle città, Castelli, Ville, Chiese, Monasterij, Isole, Porti, Fiumi, che fin là si ritrovano./ Et una breve regola di quanto si deve osservare nel detto viaggio, e quello che si paga da luoco a luoco si di datij, come d’altre cose./ Composto fedelmente dal R.P.F. Noe, dell’Ordine di S. Francesco./ Aggiuntovi il modo di pigliar le Sante Indulgenze, & a che Chiese, Monasterij, & altri luochi siano concesse./ Et di nuovo aggiuntovi una Tavola, che denota quante miglia sono da luoco à luoco insino a Gerusalem”; Pavić chiarisce ch’egli fa riferimento “in ossequio alla tradizione” a frate Noè, ma in realtà accoglie appieno le suffragate tesi di A. Petrucci che nella ripubblicazione del 1972 ha opportunamente argomentato ch’esso è una delle tante varianti e manipolazioni del trecentesco Viaggio d’Oltremare di fra Niccolò da Poggibonsi, opera che ha avuto l’editio princeps pubblicata a Bologna nel 1500 con il titolo Viazo da Venezia al sancto Jherusalem.
Dunque, i nostri atti favoriscono anche un interessante percorso nella tradizione testuale di un’opera complessa, componendo informazioni e fornendo indicazioni che non possono non suscitare curiosità filologica.

 Daniela Nuzzo

 

 

 



Monografia



Bardi Editore



2009

XXI


Atti dei Convegni lincei, 243


Atti di Convegno

Italy

Italiano




Adriatico orientale e occidentale

Catalogo studi, Recensioni

Sviluppato con Plone, il sistema open source di gestione dei contenuti

Questo sito è conforme ai seguenti standard: