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Michele Morelli e la rivoluzione napoletana del 1820-21 / Antonio Morelli - Bologna : Cappelli, 1961 - 232 p. : ill. ; 19 cm.


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Lo storico Antonio Morelli ricostruisce la vicenda del regno di Ferdinando IV e dell'ambiente napoletano prerivoluzionario; poi, dopo una presentazione, lascia letteralmente la parola al suo antenato, il noto massone e carbonaro Michele Morelli, che narra per mezzo del 'constituto', la confessione che rese ai giudici di Napoli durante il processo, la sua fuga avventurosa al fallimento dei moti, al ritiro della Costituzione da parte del sovrano e all'ingresso degli Austriaci a Napoli. Michele Morelli racconta di essere andato in Puglia con un suo compagno, Giuseppe Silvati, e di essersi rifugiato prima a Grumo Appula, presso il palazzo di Giovanni Scippa, anch'egli carbonaro e referente della locale vendita "Bruto secondo", poi a Bari presso il carbonaro Nicola Petroni. Quest'ultimo provvide a imbarcare i due fuggiaschi su una nave che doveva far vela per la Grecia, ma una tempesta rese necessario il suo approdo sulle coste dalmate, presso Ragusa, allora controllata dagli Austriaci. I due, dopo aver vagabondato inutilmente in cerca di cibo per villaggi deserti, furono intercettati dalla polizia asburgica e tratti in arresto; fornirono false generalità, ma furono ugualmente tradotti in Italia, prima a Trieste, poi ad Ancona. Morelli, saputo che il re non aveva concesso la grazia, come in un primo tempo era stato detto a lui e a Silvati, tentò la fuga a piedi presso Fermo. Arrivò stanco e affamato a Campomarino, si sfamò con un pollo e comprò un cavallo per tornare in Puglia, ma sulla strada fu assalito dai briganti, percosso e derubato del cavallo. Arrivò così in piena notte a Chieuti, scalzo, male in arnese ed esausto; picchiò al primo uscio che trovò per cercare ospitalità: il padrone di casa era un calzolaio, Morelli gli chiese delle scarpe, ma conciato com'era, fu scambiato a sua volta per un brigante, fu preso e condotto dalla polizia, che lo trasferì prima a Serracapriola, poi a Foggia, dove Michele Morelli, stanco e sfiduciato, fece finalmente il suo vero nome. Fu dunque tradotto a Napoli per essere processato con tutti i rivoluzionari e dove Morelli rese questa confessione. Il resto della storia lo sappiamo da due compagni del Morelli, che riferiscono che mentre a tutti gli altri imputati la condanna a morte fu commutata in ergastolo come "atto di clemenza" del re, i soli Morelli e Silvati videro confermata la loro condanna e furono impiccati presso porta Capuana. Il testo è illustrato da ritratti del Morelli, del Silvati, di Ferdinando IV, delle lapidi commemorative ai due martiri della libertà.



Monografia





Cappelli Editore

1961

XX

232 p. : ill. ; 19 cm.



Trieste, Dalmazia, Abruzzo, mare Adriatico Adriatic sea, Marche, Risorgimento, Terra di Bari, Grecia (Greece)

Italy

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