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Itinera orientalia : itinerari veneti tra Oriente e Occidente : relazioni di viaggio tra identità e alterità / a cura di Giovanni Pedrini, Nico Veladiano - Vicenza : Editrice veneta, 2010 - 311 p., [8] carte di tav. : ill. ; 21 cm - recensione a cura di Silvia Margiotta.
Tipologia del documento
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Monografia
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Autore
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Pedrini, Giovanni <1961- >
Veladiano, Nico
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Titolo
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Itinera orientalia : itinerari veneti tra Oriente e Occidente : relazioni di viaggio tra identità e alterità / a cura di Giovanni Pedrini, Nico Veladiano - Vicenza : Editrice veneta, 2010 - 311 p., [8] carte di tav. : ill. ; 21 cm - recensione a cura di Silvia Margiotta.
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Pubblicazione
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Data di pubblicazione
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2010
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Descrizione
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Collezione
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Hodoeporica ; 2
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ISBN/ISNN
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Argomento
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Venezia Venice
Atti di Convegno
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Luogo di pubblicazione
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Lingua di pubblicazione
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Italiano
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Biblioteca
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Note
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<div style="text-align: justify;"><i style=""><span
style="font-size: 12pt; font-family: "Times New Roman","serif";">Itinera
Orientalia</span></i><span
style="font-size: 12pt; font-family: "Times New Roman","serif";">
raccoglie gli atti del Convegno <i style="">Itinerari
veneti tra Oriente e Occidente. Relazioni di viaggio tra
identità e alterità</i>,
tenutosi a Vicenza <span style=""> </span>il 28 novembre 2009,
presso
la Biblioteca Internazionale “La Vigna”.<i style=""> </i>Il
volume, curato da Giovanni Pedrini e Nico Veladiano, presenta alcuni
studi di fonti
venete risalenti all’età moderna, che hanno come tema il viaggio
verso
l’Oriente. Tali documenti costituiscono una produzione preziosa di
materiali
odeporici – che comprendono testimonianze, relazioni di viaggio e
rappresentazioni cartografiche – importanti per la comprensione del
ruolo svolto
dalla Repubblica Veneta nella conoscenza delle terre orientali,
all’epoca ancora
in gran parte oscure all’Occidente. Venezia ha infatti offerto una
straordinaria varietà di viaggiatori che con diverse motivazioni
(politiche,
culturali, economiche) hanno intrapreso il viaggio verso questa nuova
parte di
mondo, dando con i loro scritti l’opportunità di conoscere un
altro e
interessante aspetto dell’umanità. Giampiero Bellingeri nel suo
saggio presenta
la scoperta di due manoscritti della celebre <i style="">Historia
Turchesca</i>, ritrovati presso la Biblioteca del Civico Museo
Correr di Venezia. I due esemplari dimostrano come l’<i style="">Historia</i>
– testo soggetto nel corso dei secoli a molteplici
trascrizioni, rimaneggiamenti e integrazioni da parte di autori diversi
e
spesso anonimi – non sia presente soltanto in archivi stranieri (in
particolare
parigini, dove si conserva la copia più nota dell’opera curata
da Donato Da
Lezze nella prima metà del Cinquecento) ma anche in Italia, a
Venezia, centro
di diffusione di una ricca bibliografia finalizzata alla conoscenza
dell’Impero
Ottomano, considerato uno dei maggiori nemici della Repubblica Veneta.
È qui,
infatti, che si raccolgono materiali e notizie relativi agli imperi
orientali con
lo scopo di costruire un sapere completo sugli avversari e mettere
contemporaneamente in atto una strategia filopersiana, destinata
cioè all’esaltazione
della nobiltà e delle virtù di quell’impero amico
perché valido alleato nella
lotta contro i Turchi. Lo studioso si sofferma, inoltre, sulla figura
di Giovan
Maria Angiolello Vicentino, uno degli autori riconosciuti della <i
style="">Historia</i>.</span><br>
<span style="font-size: 12pt; font-family: "Times New Roman","serif";">Federica
A. Broilo nel suo intervento
esamina, invece, un’interessante relazione di viaggio, pubblicata a
Venezia nel
1886 da Federico Stefani, intitolata <i style="">Viaggio
a Costantinopoli di Sier Lorenzo Bernando per l’arresto di Sier
Girolamo Loppomano
cav., 1591 aprile</i>. Si tratta di un’opera scritta dal veneto
Gabriele
Cavazza, sottosegretario di Lorenzo Bernando, il quale era stato
incaricato dal
Consiglio veneto di organizzare la spedizione verso l’Oriente per
procedere
alla carcerazione del bailo di Costantinopoli accusato di spionaggio.
Si decide
di affrontare il viaggio via terra a partire dalle coste albanesi,
procedendo
per la via Egnatia, un tragitto inconsueto per le missioni diplomatiche
e poco noto
ai veneziani. Per tale ragione, Cavazza è spinto alla redazione
puntuale di un diario
di viaggio perché sarebbe stato utile ad eventuali viaggiatori
che avrebbero
voluto intraprendere un analogo cammino, e fornisce loro una
dettagliata
descrizione dei paesaggi, delle città, degli alloggi, dei
servizi postali e del
clima. Il viaggio prosegue attraversando il tragitto più
meridionale che
collega la capitale ottomana alle regioni adriatiche, denominato <i
style="">chamin de gauche</i>, <span style=""> </span>strada <span
class="apple-style-span"><span style="color: black;">direttrice di
scambi commerciali
vivacissimi anche al di fuori dei confini imperiali ottomani.</span></span></span><br>
<span style="font-size: 12pt; font-family: "Times New Roman","serif";">Lo
studioso Piero Falchetta si è occupato
della produzione cartografica in età moderna, espressione di
teorie, credenze e
tradizioni che hanno dato luogo a una serie di incertezze e
fraintendimenti
geografici e toponomastici protrattisi per lungo tempo, soprattutto
nell’area
veneta. L’interesse di Falchetta è posto sull’indeterminatezza e
sulle
contraddizioni nell’identificazione delle tre isole maggiori
dell’Oceano
Indiano<span style=""> </span>(Ceylon, Giava e Sumatra) in
alcune carte compilate tra il XV e la fine del XVIII secolo. Il punto
di
partenza della sua analisi è il Grande Mappamondo di fra’ Mauro,
composto a Venezia
intorno al 1450, innovativo rispetto alla tradizione soprattutto per la
sua
rappresentazione dell’oceano orientale corredata di abbondanti dettagli
geografici in misura maggiore a qualsiasi altra carta contemporanea. Il
lavoro
di fra’ Mauro, basato sulla coesistenza di informazioni tratte dal <i
style="">Milione</i> di Marco Polo e dalla relazione
Conti-Bracciolini, dà il via a una particolare tradizione
cartografica (il cui
centro di irradiazione è Venezia), che è causa della
prolungata incertezza nell’onomastica
geografica dell’area asiatica.</span><br>
<span style="font-size: 12pt; font-family: "Times New Roman","serif";">Lo
studio di Giovanni Pedrini presenta
una analisi della relazione di viaggio del giovane patrizio veneziano
Ambrosio
Bembo (1652-1705), dal titolo <i style="">Viaggio e
Giornale per parte dell’Asia di quattro anni circa</i>,<i style=""> </i>e
ne ripercorre la singolare storia. Si scopre, infatti, che
l’opera ha lasciato alcune tracce significative nella letteratura
odeporica europea
del tempo. Le prime informazioni sul manoscritto sono state fornite da
Iacopo
Morelli, che ha raccolto alcuni estratti dell’opera nel volume <i
style="">Dissertazione intorno ad alcuni manoscritti
eruditi poco noti, pubblicati a Venezia nel 1830</i>. Il codice dal
quale
Morelli trae le parti per il suo volume è di appartenenza del
nobile veneziano
Giuseppe Gradenigo e al momento dello smembramento della sua biblioteca
viene
acquistato dal noto editore Adolfo Cesare, che lo dona all’abate
Celotti.
Questi, nel primo decennio dell’Ottocento, lo porta con sé in
Francia,
facendolo conoscere a Louis Langlés, studioso di viaggi
orientali. Un secolo
dopo il manoscritto è ritrovato in Inghilterra, dove le pagine
del viaggio di
Bembo sono state allegate ai disegni di Guillaume Joseph Grelot, noto
illustratore
dell’epoca, che nel 1674 incontra il giovane patrizio veneziano a
Isfhan e
realizza per lui i disegni per il suo itinerario, impreziosendo
così il
risultato dell’opera.</span><br>
<span style="font-size: 12pt; font-family: "Times New Roman","serif";">Un’altra
relazione di viaggio veneziana che
si apre al contesto europeo è, infine, il <i style="">Viaggio
da Vienna a Costantinopoli</i> di Marc’Antonio Pigafetta, analizzato da
Daria
Perocco. Lo scritto è interessante e significativo perché
svela i retroscena
degli accordi di pace firmati nella seconda metà del Cinquecento
tra
Massimiliano II, imperatore del Sacro Romano Impero, e Selim II, Gran
Signore
del Regno Turco. Il racconto ufficiale delle circostanze in cui hanno
avuto
luogo tali patti è stato redatto dal vescovo Vrancic, uno dei
due ambasciatori inviati
da Massimiliano per concludere la pace. In parallelo, però,
compare la
relazione del giovane Pigafetta che compie il suo viaggio al seguito
del
vescovo come suo cortigiano. Egli racconta la permanenza in Turchia
dell’ambasciata imperiale, rivolgendosi ad un pubblico che nulla
conosce
dell’Oriente, divulgando dettagli e informazioni che nelle versioni
ufficiali
non possono comparire. Tracce di questo manoscritto sono state
ritrovate a
Londra, dove viene pubblicato nel 1585 con scarsa fortuna editoriale;
una copia
del codice, rilegata con lo stemma della casa Stewart, è tuttora
conservata
presso la British Librery, a testimonianza del fatto che il testo
è stato posseduto
anche a corte e che è rimasto a lungo in Europa.</span><br>
<span style="font-size: 12pt; font-family: "Times New Roman","serif";">Le
cinque fonti venete esaminate nel
volume <i style="">Itinera Orientalia</i> rivelano, quindi,
lo spirito di straordinario interesse che l’Europa moderna ha
alimentato nei
confronti della terra d’Oriente, e dimostrano come tali documenti
abbiano
contribuito in maniera significativa al percorso di avvicinamento
dell’Occidente
a mentalità e a culture che apparivano così diverse e
lontane.</span><span style="font-family: "Times New Roman","serif";"></span><br>
<span style="font-family: "Times New Roman","serif";"></span></div>
<p class="MsoNoSpacing" style="text-align: right;" align="right"><span
style="font-family: "Times New Roman","serif";"></span><span
style="font-size: 12pt; font-family: "Times New Roman","serif"; font-variant: small-caps;">Silvia
Margiotta</span></p>
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