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tagli itinerario serafino razzi

 
SCHEDA DI CITTA’: PENNE
Muovendo da "Civita di Penna", guardandola ancora con gli occhi del frate, individuiamo il Duomo e il Monastero di Santa Chiara.
 
La prima messa che io celebrassi in civita di Penna fu alli 29 di luglio, [...] in Duomo, [che] sta in cima del monte. E dall’Ogni Santi fino alla Circoncisione andai due volte la settimana a sermonare al Monastero di Santa Chiara,
 
Lasciando al nostro viaggiatore il fascino della ricerca e dell'identificazione odierna dell'antico monastero, consigliamo una visita al Duomo, cattedrale d’origine paleocristiana (sec. XI) con una interessante Cripta (sec. X) e con un vicino Museo Civico Diocesano e mentre lo sguardo e l'interesse sono volti alla contemplazione di questi luoghi, possiamo approfittare per volgere ascolto alla storia delle origini della città raccontata dallo stesso Razzi, che la vuole edificata, prima della venuta di Cristo, da un re Itarco giunto con una colonia di Assiri, invaghitosi della bellezza del sito fruttuoso ed ameno per i boschi, i pascoli e le fonti (link al testo).
Ancora oggi di notevole interesse per il suo centro storico dotato di numerose chiese e palazzi nobiliari nonché del caratteristico uso del mattone, la città è così ricordata:
 
Tiene questa città sei parochie, sei conventi di Frati, due monasteri di Monache, sette Fraternite e tre Spedali. Il paese e contorno è fertilissimo, e produce grano, vino predoso, olio in grande abondanza, e fichi, poponi, e di tutte l’altre sorte frutti. Le selve sono frequenti nei vicini monti, l’acque di fontane e di fiumi abondanti,  l’aere salutevole, gli habitatori buoni e semplici huomini.La veduta bellissima di monti, di valli e di mare; [...].
 
A Penne è possibile visitare la chiesa di S. Agostino, di fondazione duecentesca, con campanile arricchito nel sovrastante prisma ottagonale cuspidato da ciotole medioevali verdi e azzurre; la chiesa di S. Giovanni Evangelista, molto rimaneggiata ma con un abside poligonale romanico – ogivale della seconda metà del ‘300 quasi intatto; l’elegante chiesa dell’ Annunziata, del ‘700, tutta in cotto e a due ordini di colonne sulla facciata; nonché la chiesa di S. Domenico, originaria del XI secolo, ma più volte modificata tra il ‘500 e gli inizi del ‘600, in cui aveva probabilmente sede il convento di frate Razzi, che la descrive con queste parole:
 
La chiesa di San Domenico di questa città, posta nel principio della piazza, ha una nave sola, 140 piedi lunga, e 30 larga. Fra l’altre cappelle, la prima entrando a man sinistra della porta, è tenuta molto bene, e vi si legge questa inscrizione, cioè:
 
 «Ludovica de Sangro, ut Deipare Virginis dolores, lalaetimar: ac Christi Jesu passionem,
in solanten extinte unice flhie Febronie, dilectissime, conternplaretur, sacellum erexit».
 
 Nella tavola di questa cappella, fatta da eccellente pittore, si vede qui Nostro Signore con la croce in ispalla  e condotto dalla milizia armata al monte Calvario fuori di Gerusalemme. Accanto alla prefata cappella è un presepio di rillievo il più bello che io abbia mai veduto, e per la moltitudine, e bellezza delle figure e per la ricchezza loro: essendo tutte messe a oro. E sotto l’altare maggiore fra altre sacre reliquie, è la Testa di San Biagio Vescovo e Martire.
Il convento ha due chiostri ragionevoli. Et al dormitorio antico si aggiunse nel priorato nostro un Noviziato di dodici celle, sei per lato. E di certo campo che era pieno di gelsi, sotto il prelato Noviziato, si Id un vago e fruttevole horto. Ha questo convento sufficienti entrate per quindici o venti frati; e particolarmente vende un anno per l’altro olio per cinquanta ducati.
 
Non manchiamo di ricordare al nostro viaggiatore che tutta l'area è ancora oggi zona di produzione d'olii di elevata qualità e che è possibile gustare direttamente i prodotti dell'ulivo nei numerosi agriturismo o direttamente, soprattutto al tempo della spremitura, nelle aziende olearie o nei frantoi che accolgono i visitatori.
Motivo in più, questo, per una visita a questi luoghi fuori dai periodi prettamente vacanzieri, per assaporare pienamente il gusto e la calma dell'atmosfera delle campagne declinanti al mare, mentre, subito fuori dalla città, l'ultimo sguardo volge alla chiesa conventuale romanico–ogivale di S. Maria in Colleromano, fondata già nel ‘300 e indicata da Razzi come "convento de i padri Zoccolanti". Successivamente rifatta e restaurata, conserva un bellissimo portale originale del ‘300 arricchito da figure ed ornamenti ad intaglio. 
SCHEDA DI CITTA’: COLLE CORVINO
Le prime notizie del paese risalgono al IX secolo, quando un possidente longobardo, Corbino di Alderamo, come si legge nella cronaca casauriense, si stanziò su un colle ad est di Loreto Aprutino e lo fortificò, facendo sorgere un borgo che prese da lui stesso il nome di "Collecorvino". Il centro abitato originario è chiaramente di origine medievale e nella parte più alta si erge l'antico Castello del XIV secolo. La caratteristica "curtense" del primo impianto altomedievale fortificato si coglie immediatamente e nonostante le numerose e notevoli trasformazioni subite fino al XVIII secolo, resta in buone condizioni l'antica torre di osservazione.
SCHEDA DI CITTA’: MONTESILVANO
Nel Trecento appartenne alla Chiesa Teatina; poco più che un nugolo di case al passaggio del nostro frate, sul finire del XVIII secolo il centro era feudo della famiglia Figliola. Nel corso dell ‘800, con lo sviluppo delle attività economiche legate alla pesca, si sviluppò l’abitato costiero, che unendosi con Montesilvano colle nel 1926, diede luogo ad un unico comune. Il paese è formato da due nuclei, Montesilvano Marina e Montesilvano Colle. Quest'ultimo, panoramica terrazza sull’Adriatico, conserva ancora i caratteri del borgo fortificato e alcune interessanti chiese: S. Michele Arcangelo (sec.XII-XIII), a tre navate, con portale in pietra e abside rettangolare; S. Maria del Carmine con il convento (sec.XIV); la chiesa del sec.XIV con resti di preziosi affreschi, fuori dell'abitato.
Tra le gli esempi di architettura sette-ottocentesca, in laterizio, si annovera palazzo Delfico.

Montesilvano spiaggia è attualmente una moderna e attrezzata stazione balneare, che va caratterizzandosi, grazie anche all'ubicazione vicina all'autostrada, come centro di turismo congressuale e come sede di megastrutture attrattive. D'estate offre un ricco cartellone di eventi teatrali, musicali e d'arte varia.
 SCHEDA DI CITTA’: SPULTORE
Di origini molto più antiche, invece, è Spoltore, che sorge su una collina a ridosso della città di Pescara, tra il fiume omonimo ed il Tavo e sul cui territorio è avvalorata la presenza di insediamenti preistorici da reperti rinvenuti in località Cavaticchio e in zone circostanti; nella frazione di Ripoli sono state rinvenute due sepolture femminili, con corredi che testimoniano il passaggio dall'età della pietra a quella del bronzo.
Sull'origine del nome vi è disaccordo. Alcuni sostengono che derivi da Sepulturium o Sepulcretum, riferito al sepolcro di una regina, con tre spighe d'oro poste sull'urna, presso il castello; per altri deriverebbe da Spelta (biada) aurea. Nel 1461 fu dono del re di Napoli alla città di Chieti; nel XVI secolo, appartenne a Manfredino di Valenza, quindi fu possedimento di vari feudatari, tra cui i Carafa e i Figliola.
Terra di fuochi 300 incirca, così, per mio avviso, detta con vocabolo corrotto, in vece di spiga d'oro, havendo ella per arme cinque spighe d'oro; et essendo assai ricca, et abondande di grano, di vino e d'olio. Se già non volessimo con altri dire, che così vien chiamata, peroché come prima spunta il sole dall'onde marine, la percuote in faccia, essendo situata sopra un monte, in vista del mare, e vicina Pescara circa tre miglia, a Chieti sette, a civita Sant'Angelo cinque: et a Penna intorno a dodici.
Gode Spultore una buon'aria, et è sicura quant'altra vicina Terra da i pericoli delle fuste di mare, havendo davanti Pescara fortezza detta, che la guarda. Et è questa nobil Terra del Duca di Nocera, il quale quando si trova in Abruzzi, ancorchè sia padrone di Moscufo e di civita Sant'Angelo, habita nondimeno quà in Spultore, havendoci una bellissima e fortissima Roccha [...] Dopo desinare andammo a visitare San Pamfilo, chiesa fuori della Terra, in vaghissimo sito,e di piacevolissima veduta, tanto di mare quanto di montagna. [...] e poi dal R. Sigr. Proposto fui menato a veder la Roccha.
 
Al nostro viaggiatore il compito di individuare l'antica Rocca, oggi di difficoltosa identificazione e, nel frattempo, ancora aiutato dalle dettagliate illustrazioni del frate, provare ad immaginare momenti della vita quotidiana delle antiche popolazioni autoctone, indugiando sulla descrizione dei particolari costumi femminili di Spoltore:
 
Osservai in predicando l'honesto vestire delle donne, le quali, quando vanno fori portano la benda alla testa, et il sogolo in guisa delle monache nostre di Toscana, e massimamente quelle che hanno figli. E non è se non vago vedere così honesto modo di vestire, e di ornarsi la testa, sopra colorite vesti e gonne di letizia.
BIBLIOTECA
 
QUIS GELIDO JACET HOC SUB MARMORE? MAXIMUS ILLE
PISCATOR. BELLI GLORA, PACIS HONOS.
NUMQUID ET HIC PISCES CEPIT? NON: ERGO QUID? URBES,
MAGNINIMOS REGES, OPPIDA, REGNA, DUCES.
DIC MIHI, CUM QUIBUS ILLE HAEC CEPIT RETIBUS? ALTO
CONSILIO, INTREPIDO CORDE, ALACRIQUE MANU.
QUI TANTUM RAPUERE DUCEM? DUO NUMINA, MARS, MORS.
UT RAPERENT, ET QUODNAM IMPULIT? INVIDIA.
NIL NOCUERE SIBI, VIVIT NAM FAMA SUPERSTES,
QUAE MARTEM ET MORTEM VICIT, ET INVIDIAM.
 
 SCHEDA DI CITTA’: PESCARA
Ed è qui che la storia di questi luoghi s'intreccia e si lega fortemente con la storia di due tra le più nobili famiglie del tempo e, attraverso loro, con la storia e la cultura rinascimentali. Ma leggiamone una parte dalle stesse parole del frate:
 
questa è Pescara cotanto illustrata dallo invitto Marchese Don Fernando della famiglia D’Avalo, in Castiglia la vecchia presso a Toledo. I suoi maggiori erano venuti in Italia col Re Alfonso di Aragona, che prima di quella casa acquistò il reame di Napoli. Il quale incominciando dalla giornata di Ravenna, nella quale ancora giovane fu fatto prigione, era stato in tutte le guerre fatte dagli spagnuoli in Italia: ingegnoso, animoso, molto sollecito, molto astuto, et in grandissimo credito e benivolenza appresso alla fanteria spagnuola, di cui più tempo era stato capitano generale. Il quale, giovane di animo e vecchio di esperienza, dopo la vittoria di Pavia, in cui riportò egli il primo honore et in cui restò prigione Francesco Re di Francia, passò all’altra vita alli 30 di novembre del 1525 per lunga tissichezza, cagionata, dicono, dal continovo bere acqua, e per le molte fatiche o vigilie sostenute in guerra.
 
Fu per all’hora sepolto in Milano, ov’egli morì. Ma dapoi fu il corpo suo portato a Napoli, e nella sagrestia del nostro San Domenico, con altri Regi, e principi, e cavalieri honorevolmente sepolto. Ma più ampiamente di lui scrivono Monsignor Giovio ne i Sette libri della sua vita, et il Guicciardino nel sedicesimo libro della sua Storia.
 
Al Marchese di Pescara, comunemente nominato "il Pescara", venne promessa in sposa a soli quattro anni la nobildonna  Vittoria Colonna, futura poetessa tra gli spiriti culturalmente più operosi del '500, per sancire l'unione tra le due potenti famiglie degli Aragonesi e dei Colonna. Il Marchese aveva all'epoca solo cinque anni ma il matrimonio, celebrato al compimento dei 18 anni della poetessa, risulterà un vero matrimonio d'amore, tragicamente stroncato con l'avvelenamento di Francesco Ferdinando a soli 36 anni. Vittoria Colonna, appresa la terribile notizia proprio a Pescara, si rifugerà nel Monastero di S. Silvestro, decisa a monacarsi. Solo l'intervento diretto del Pontefice Clemente VII la distoglierà da questo intento ed ella si chiuderà in volontaria clausura nel Castello di Pescara. Dopo qualche anno tornerà a Roma presso il fratello Ascanio, nel cui salotto si alternavano i migliore ingegni del tempo: Pietro Aretino, Ariosto, Bembo, Castiglione, Michelangelo. Proprio con quest'ultimo la marchesa intesserà una profonda e tenera relazione umana, letteraria ed artistica. Non avendo avuto figli, Vittoria Colonna lascerà erede del Marchesato di Pescara il cugino Alfonso del Vasto.
 
Nel corso del '500, però, Pescara era soltanto una fortezza militare e Razzi non vi sosterà a lungo, trascorrendovi appena il tempo necessario a rinfrescarsi. Si avverte, però, vivido nelle parole del frate il senso pervadente della sicurezza che da detta fortezza emanava: è, infatti, questo Marchesato di Pescara, posta su la foce di detto fiume, e su la marina, quasi propugnacolo e difesa di tutto l’Abruzzi. Ed è ancora interessante dare conto della descrizione del luogo, effettuata dallo stesso Razzi in un viaggio compiuto l'anno precedente, per porre maggiormente in evidenza le grandi trasformazioni che hanno caratterizzato questa città nel corso del tempo:
 
E’ Pescara una fortezza, fatta a disegno militare, e di mura e di sito quasi inespugnabile, bagnandola da un lato, anzi partendola per mezzo il rapidissimo detto fiume da cui ella tiene il nome, e da un’altra il mare. E se ben ella è del Marchese di lei e del Vasto, il presidio non dimeno è di spagnuoli. E per esservi l’aere cattivo, non è abitata per la maggior parte se non da forestieri, che ci vengono d’altre provincie, e ci guadagnano assai quando ci stanno sani per la commodità del mare.
 
Oggi Pescara è una città luminosa e moderna, posta alla foce del fiume omonimo, in parte sul sito dell'antica Aternum, di cui sono stati rinvenuti resti in diverse aree del territorio. Nella tarda età repubblicana, fu scalo marittimo delle popolazioni italiche; in età imperiale era il principale porto della regione, distrutto dai Longobardi verso il 600 d.C.
Nel secolo XII era ancora un fiorente centro finché le distruzioni subite in seguito alle guerre normanne ne compromisero la ricchezza. Né valse a proteggerla da scorrerie e assedi la costruzione di un poderoso sistema di fortificazioni, voluto da Carlo V come baluardo del regno di Napoli.
 
"Oh che bel sito per una grande città": le parole di Vittorio Emanuele, pronunciate in occasione di una sua visita al luogo nel 1860 ed oggi impresse sulla torre del Municipio, sembrano essere state foriere della sua attuale floridezza. Recente (1927) è la sua costituzione a capoluogo di provincia in seguito alla fusione dei due paesi, che si stendevano a nord e a sud della foce del fiume: Castellammare Adriatico e Pescara. La denominazione attuale fu preferita, a quella di Aterno, in omaggio a Gabriele D'Annunzio, nato nella zona a sud del fiume.
Per respirare appieno le atmosfere del viaggio di Razzi consigliamo una visita a ciò che resta dell'antica fortezza, la parte originaria di Pescara, Corso Manthonè, oggi ristrutturata ed adibita a zona di incontri ed eventi culturali, e i resti del Bagno Borbonico, sede dell'attuale Museo delle genti d'Abruzzo. Sempre nella zona di Pescara antica, per cogliere ancora coinvolgenti suggestioni letterarie consigliamo anche la visita alla casa del Vate.
Tra i personaggi più illustri possiamo ricordare, in tempi molto recenti, il regista, scrittore e sceneggiatore Ennio Flaiano, nato, forse non per coincidenza, ma per quella strana magia che caratterizza a volte i luoghi, a pochi passi dalla casa di D'Annunzio, in quello stesso borgo vecchio da dove si dipanano le tre strade storiche della città: Corso Manthonè, Via delle Caserme e Via dei Bastioni.
SCHEDA BENE
Nel Municipio di Francavilla sono conservate due tele del pittore Francesco Paolo Michetti Le serpi e Gli storpi; la prima rappresenta la festa di San Domenico abate a Cocullo, la seconda, il pellegrinaggio al Santuario della Madonna dei Miracoli a Casalbordino, descritto anche da D’Annunzio nel suo Trionfo della morte. Al famoso pittore, che elesse la città sua terra d'adozione, è oggi dedicato un premio di pittura estremamente prestigioso; egli fu, d'altronde un raffinato promotore culturale dei primi del Novecento; la sua casa è oggi adibita a museo e per respirare le atmosfere ancora aleggianti di pregnanza artistica, consigliamo una visita al Conventino: struttura d’impianto quattrocentesco, un po’ defilato rispetto alla strada, che fu convento dei frati Zoccolanti e, successivamente, proprio ad opera di Michetti e con il sostegno del comune che glielo cedette, divenne cenacolo di una delle comunità artistiche più interessanti tra Otto e Novcecento: oltre a Michetti e D’Annunzio, vi operarono Barbarelli, Tosti, De Cecco e numerosi altri ospiti non abruzzesi. Oggi il convento ha un aspetto un po' bohemien da nobile decaduto e sembra ancora che nei lunghi corridoi con cellette possano riecheggiare i fantasmi di quel vivace passato culturale. Tra le sue mura tanti artisti trassero ispirazione per le loro opere e pare che proprio tra questi corridoi un tempo sacri sia nato lo spregiudicato romanzo dannunziano Il piacere.
 
Dormimmo il rimanente della notte in pace, e la mattina seguente, alli 7 di giungo, partendo, detta messa, da Francavilla, e passato il Foro fiume, su la foce del quale è edificato un grosso Torrione (che ora è purtroppo scomparso, come tutte le torri  presenti alle foci dei fiumi lungo questo tratto di costa e visibili nell'antica cartografia) arrivammo poco dopo vespro al XII miglio alla nominata città di Lanciano,forte di sito, di muraglie e con belle chiese: il Duomo; Santa Maria nuova dei Canonici Regolari di Tremiti, Santo Agostino, San Francesco, e S. Maria del ponte, più bel corpo di chiesa d’ogni altra, ove io celebrai due mattine che stetti in fiera. [...] La fiera, se bene, come dicono, è discaduta assai dalla grandezza sua, per le molte estorsioni e gravezze che si usano ai mercanti, et anco per la temenza maggiore da molti anni in qua che hanno le navigazioni del mare: rattiene nondimeno, come si giudica, il primo luogo fra le fiere d’Italia.
 
SCHEDA DI CITTA’
La caratteristica fiera visitata dal frate fu a lungo una delle più importanti di tutta l'area adriatica; vi provenivano da ogni dove Veneti, Bergamaschi, Napoletani, ma anche Dalmati, Ragusei e altre genti Schiavone, antiche denominazioni, menzionate più volte anche da frate Razzi nel corso dei suoi racconti. La tradizione commerciale caratterizzò fortemente la città di Lanciano che ancora oggi è un centro a prevalente vocazione fieristico-commerciale.
 
L'attuale abitato sorge sul sito di Anxanum, l’antico municipium dei Frentani collocato lungo la strada che da Aternum per Orton conduceva a Histonium e da lì verso la Puglia, direttrice seguita nelle epoche successive dalla transumanza. Ma la fase più antica del sito risale alla preistoria, ed è ampiamente documentata dal rinvenimento di numerosi reperti archeologici. Dal XII secolo si sviluppò un insediamento alle pendici di Colle Pietroso.
Nel medioevo, per la sua centralità lungo il tratturo e la breve distanza dal mare, divenne uno dei centri più importanti della regione e una delle prime piazze commerciali del regno: famose sono appunto le sue fiere che trassero linfa vitale dalle franchigie e dai privilegi fino a quando le scorrerie turche e la fine delle franchigie non segnarono la fine dell’apogeo.
Lanciano riacquistò notorietà tra la fine del secolo scorso e gli inizi del nostro grazie alla famosa casa editrice Carabba.
 
BENE: CHIESA CATTOLICA
La trasformazione dell'ostia sacra in carne e del sangue in vino durante la celebrazione della messa causata del dubbio di un monaco basiliano sulla presenza reale di Gesu' nell'Eucarestia. Ogni anno giungono migliaia di pellegrini che, riuniti nella chiesa d'origini romanica, pregano davanti allo splendido reliquiario che conserva le specie eucaristiche trasformate in sangue e carne.
Appena entrati in Chiesa, l'occhio va a posarsi sul bianco altare marmoreo, che custodisce le Reliquie del Miracolo. Avanzando, però, l'attenzione è richiamata da una lapide, collocata sulla parete alla destra di chi entra, a fianco di quella che era la cappella Valsecca. L'incisione, che racconta dell'evento miracoloso, conserva intatta ancora oggi tutta la fascinazione dell'antico avvenimento. Possiamo leggere:
 
"CIRCA GLI ANNI DEL SIGNORE SETTECENTO IN QUESTA CHIESA ALLORA SOTTO IL TITOLO DI SAN LOGUNTIANO DE' MONACI DI SAN BASILIO DUBITÒ UN MONACO SACERDOTE SE NELL'HOSTIA CONSACRATA FOSSE VERAMENTE IL CORPO DI N.S. E NEL VINO IL SANGUE. CELEBRÒ MESSA, E DETTE LE PAROLE DELLA CONSACRAZIONE, VIDDE FATTA CARNE L'HOSTIA E SANGUE IL VINO. FU MOSTRATA OGNI COSA A CIRCOSTANTI ET INDI A TUTTO IL POPOLO. LA CARNE È ANCORA INTERA E IL SANGUE DIVISO IN CINQUE PARTI DISUGUALI, CHE TANTO PESANO TUTTE UNITE QUANTO CIASCUNA SEPARATA SI VEDE HOGGIDÌ NELLO STESSO MODO IN QUESTA CAPPELLA FATTA DA GIO. FRANCESCO VALSECCA A SUE PROPRIE SPESE L'ANNO DEL SIGNORE MDCXXXVI".
 
SCHEDA CITTA’
 
Il ritrovamento di reperti romani e di strutture murarie, ritenute di età imperiale,  hanno rafforzato l’ipotesi dell’esistenza, nel territorio dell’attuale paese, di un antico e famoso porto ancora in funzione nel X secolo con il nome di "Gualdo", quando viene menzionato per la prima volta insieme alla vicina chiesa di S. Vito Martire, dei benedettini di Termoli, da cui deriverebbe il toponimo. A lungo sotto l’egemonia dei monaci benedettini San Vito divenne feudo dell'Abbazia di San Giovanni in Venere nel XII sec.
 
 
BENE
 
Distrutto agli inizi del '300 dal conte di Manoppello, pochi anni dopo (1385) il paese venne concesso dai monaci, in enfiteusi perpetua, alla città  di Lanciano. Questa cercò di migliorarne il porto anche in funzione del proprio sviluppo come città fieristica; ciò provocò la reazione di Ortona e una lunga contesa tra le due città, che nonostante la mediazione di S. Giovanni da Capestrano e il conseguente "lodo" di pace (1427) tra le due città in conflitto, si concluse solo verso la metà del '900, con il riconoscimento a Lanciano dell'esclusivo dominio. Posizionato su un colle che dà sul mare tra i torrenti Feltrino e Rio Fontana, la parte più antica di S. Vito riserva emozionanti vedute e rilassanti passeggiate. Visitarla fuori stagione può offrire l'occasione di assistere ad una delle sue più coinvolgenti tradizioni: la processione di barche in mare in onore della Madonna del Porto che si svolge l'8 maggio. Dopo la costruzione della ferrovia adriatica ha avuto un notevole sviluppo Marina di San Vito che ospita, con le sue spiagge, numerosi turisti.
 
 
COME ARRIVARE:
 
ed è agilmente raggiungibile poiché costeggiato oggi dalla moderna SS 16.
 
SCHEDA CITTA’
Ortona è un centro marinaro di antichissima origine, villaggio italico abitato dai Frentani già nel X sec. a.C., ancora oggi sorge su un promontorio che domina il mare, al centro della costa adriatica abruzzese, sul sito dell'antica Orton ricordata da Strabone come "porto ed arsenale dei Frentani". Le sue antichissime origini sono testimoniate da reperti importanti, come il ricco corredo funerario del VI secolo a.C., rinvenuto in contrada Bardella e conservato nel Museo Archeologico Nazionale di Chieti. La città ha vissuto un periodo di particolare splendore dal Medioevo al Cinquecento. In questa città fra' Serafino si soffermerà alcuni giorni, suggerendoci una visita al Duomo, in cui
 
si tiene che sia sepolto il corpo di San Tommaso apostolo il quale io visitai, e ci celebrai la sacra messa il venerdì mattina a’ 10 di giugno 1575.
EVENTI 
Accingendosi a varcare la soglia del tempio il visitatore può sentirsi attratto dal desiderio di apprezzare questo luogo sacro e gustare al meglio le linee dell'edificio, il messaggio di un quadro, l'atmosfera della casa di Dio. Ortona dedica all’Apostolo due feste: quella del 6 settembre e quella, più grande, del Perdono, l'8 maggio, a cui è legato il privilegio dell’Indulgenza plenaria. In quell’occasione, solennizzata dal magnifico Corteo storico delle Chiavi, giungono ad Ortona migliaia di pellegrini.
BENE
Et addomandando quei Rev. signori Canonici, come mai così nobile reliquia era venuta alla loro Cattedrale, e mi mostrarono una scrittura latina
 
nella quale si racconta come le reliquie e la pietra tombale di marmo calcedonio dove era sepolto il corpo dell'Apostolo furono "miracolosamente" trafugate da Edissa e portate in città dal navarca Lione. E mentre godiamo ancora dell'atmosfera di questo sacro Duomo, proviamo a rivivere la magia del prodigioso viaggio riproposta in una pittura di Cascella  o ascoltandone alcuni particolari dalla voce stessa del frate:
 
Et in navigando, mentre che alcuna volta l’altre galere per la tempesta del mare andarono travagliate, quella sola dell’ortonese tranquillissimo mare havea. Ma quello che maggiormente ne faceva argomento della presenza del suo corpo era che per tutte le notti appariva sopra la sommità dell’arbore un lume divino, che grandissima sicurezza loro recava. E nella sentina parimente ciascheduna notte risplendevano celesti lumi davanti al sacro corpo. [...] Finalmente la prefata galea con due altre arrivò in Ortona alli 6 d’ottobre dell’anno sopradetto, 1258, in venerdì. E fu dal Venerabile Jacopo Arciprete della chiesa di Santa Maria, che così all’hora si chiamava quella che oggi è Duomo, e dal clero e dal popolo tutto incontrato il sacro corpo al mare, e con salmi et hinni a detta chiesa condotto, la quale poi sempre di San Tommaso è chiamata.   
 
Razzi, conformemente alla sua natura di religioso, indugia sui racconti agiografici e sugli avvenimenti miracolosi, e così veniamo a sapere come durante l'assalto turco del 1566 non fu possibile trafugare il sepolcro di San Tommaso nè la sua campana, e
 
come più volte occorrendo gran tempeste nel mare, hanno veduto apparire sopra il campanile del Duomo splendore e lume celeste, e con quello San Tommaso apostolo in habito sacerdotale. Il quale splendore poscia dal campanile detto partendo se ne va sopra la chiesa di San Domenico la quale sta proprio sopra del porto.
BENE 
Secondo le sue indicazioni, anche il convento dell'ordine di Razzi era collocato sopra il porto, ma oggi, date le numerose distruzioni subite soprattutto nel secondo conflitto mondiale, dobbiamo deplorare la perdita di numerosi siti. Prima di lasciare la città, consigliamo ancor una visita alla fortezza, l'imponente Castello Aragonese e a Palazzo Farnese, il signorile edificio tardo rinascimentale fatto erigere da Margherita d'Austria nel periodo di massimo splendore della città, e che ospita oggi la Pinacoteca Cascella.
SCHEDA CITTA’
L'attuale abitato di Paglieta, sul cui territorio sono stati rinvenuti reperti di epoca preromana e romana, compare per la prima volta, come Palletum o Castrum Palletae (da palea, "balla" di cereali"), nella seconda metà del XII secolo e sono ancora conservati resti dell'antica cinta muraria. Adagiata su una collina coperta da uliveti, domina parte della valle del Sangro e della costa Adriatica.
 
Consigliamo sicuramente una visita alla graziosa cittadina, le cui favolose origini sono ricordate dal frammento fossile di un mammifero preistorico conservato nella chiesa di San Leucio: la leggenda vuole che appartenga al drago ucciso dal vescovo di Brindisi, San Leucio, per riunire Ate e Tixa in Atessa. Delle origini preromane sono rimasti pochi reperti e qualche iscrizione. La presumibile origine di Atessa risale al V secolo ma la prima citazione è del X secolo, da fonti dei benedettini che per diversi secoli ebbero giurisdizione sul borgo.
 SCHEDA CITTA’
Casalbordino fu in origine casale di Santo Stefano in Rivo Maris, celebre abbazia benedettina di cui restano imponenti rovine sulla costa. Oggi è un importante centro agricolo, rinomato soprattutto per le colture viticole. Nel centro storico predomina l’uso del laterizio e si può osservare la singolare torre civica a tre ordini che funge anche da campanile della vicina chiesa parrocchiale. Di grande e suggestivo interesse è il Santuario della Madonna dei Miracoli  in cui l'11 giugno si celebra una solenne festa per ricordare l'apparizione della Vergine avvenuta proprio nel 1576. Singolare la mancata coincidenza di date tra il passaggio del nostro frate Razzi e l'evento miracoloso. Il luogo di culto conserva un'interessante e antica stipe votiva ed è stato a lungo meta di significativi pellegrinaggi che raggiungevano il culmine proprio il giorno della ricorrenza. L'enorme affluenza dei pellegrini nel giorno della festa ha anche ispirato Francesco Paolo Michetti, che ne ha tratto ispirazione per la sua Via degli storpi, e Gabriele D'Annunzio, che ne ha descritto le scene penitenziali nel Trionfo della morte.
SCHEDA CITTA’
 
Di origine altomedievale, indicato come Pollutro nel quindicesimo secolo, il centro si è sviluppato grazie alla fondazione dell' abbazia benedettina di S. Barbato (1015) e fu successivamente feudo dei Caldora, al quale apparteneva nella prima metà del XV secolo, dei di Capua, e dei d'Avalos.
 
 
SCHEDA CITTA’
Invece, nell'attuale territorio di Monteodorisio, i reperti rinvenuti fanno supporre l'esistenza di un insediamento già in epoca romana; nel Medioevo fu centro di un’importante contea feudale. Il suo nome, d’origine incerta, ricorre spesso nei documenti storici, per le imprese guerresche delle famiglie che se ne contendevano il possesso, tra cui i Caracciolo e i D’Avalos. Appena fuori del centro urbano, il notevole Santuario della Madonna delle Grazie.
BENI
È ancora possibile oggi visitare tali luoghi, anche se purtroppo fortemente rimaneggiati: l'arco di Porta Nuova, che anticamente era posto più all'interno, fu innalzato nella posizione attuale nel 1790, estremo limite nord della città vecchia; l'antico convento con annesso ospedale è oggi Palazzo Genova Rulli e la chiesa dell'Annunziata fu da questa famiglia distrutta e ricostruita come chiesa di S. Filomena. Tutta la zona, conosciuta come zona "spagnola", ha avuto un florido sviluppo proprio nel rinascimento, divenendo in seguito un agglomerato ove si concentrarono molti palazzi nobiliari del Sei e del Settecento ed ancora godibili. Sempre nella stessa area troviamo ancora due delle cinque torri di difesa delle vecchie mura: la Torre S. Spirito e la Torre Diamante, con la minuscola e caratteristica casetta ricavatavi internamente, oltre all'incantevole Teatro Rossetti, posto su un sito ove sorgeva un tempo l'eremo di S. Spirito e intitolato al celebre poeta e patriota risorgimentale.
A’ cinque di giugno, in martedì dopo Vespro andammo alcuni padri fuori a diporto verso la marina, e visitata accanto alle mura Santa Maria delle Grazie, chiesuola molto divota, scendendo giuso al litto del mare, contemplammo su la destra, e su la sinistra mano, con molto nostro piacere, alcuni deliziosi giardini con boschetti d’aranci, e campi di ceci freschi, dei quali con vilissimo prezzo portammo con noi un fascetto alla marina. Dove arrivati si diedono alcuni con certe reticelle portate a pescare, intorno ad alcune grandissime pietre o vero come qui dicono morgie, a gamberi e granchi marini. Et ad altri giovò et agradì di far pruova di entrare nel più cupo mare, e con la forza delle braccia e del petto urtare, e fendere le spumose et orgogliose onde di quello. Dopo inchinando già il sole, lasciammo il mare, per boschi di olivi, e tra fiori di ginestre, e pendici di carciofi salvatichi salendo, ce ne ritornammo al convento con alquanti gamberi e granchi presi: havendo altresì pasciuto l’udito di soavi et armoniosi canti di augelli, che, frequenti nei laterali giardini, nello abbassarsi del sole quasi a gara salutandolo, facevano d’ogni intorno risonare quelle valli.
 
Inoltre, proprio dietro la chiesetta delle Grazie, variamente rimaneggiata ma persistente sull'impianto originario edificato nel 1536, sono visibili i resti absidali di una chiesa altomedievale, ed è possibile visitare, poco oltre, i reperti delle antiche terme romane, tra cui meravigliosi mosaici lasciati intatti dall'incuria del tempo.
 
 
Recenti restauri hanno portato alla luce particolari dell'originario impianto quattrocentesco che, stando alla testimonianza di Alfonso Viti, storico vastese del Seicento, si impose all'attenzione di umanisti del calibro di Flavio Biondo e Leon BAttista Alberti per la sua magnificenza. Si presume in esso il soggiorno di Vittoria Colonna ai primi del 500, che avrebbe contribuito notevolmente al prestigio della città e del casato. Sulle facciate si possono osservare mostre lapidee di porte e finestre, e una deliziosa bifora gotica, un vero merletto di pietra lavorata; mentre, all'interno, nel camerino con decorazioni a stucco e affreschi cinquecenteschi, nelle bellissime cornici di marmo delle porte, o nelle maioliche ottocentesche dei saloni pare trasudare la gaiezza dell'illustre nobiltà che lo ha abitato. Oggi il Palazzo d’Avalos è stato quasi completamente acquisito dal Comune ed è sede del Museo Civico Archeologico, di un Museo del Costume, del Museo di Arte Mediterranea e della Pinacoteca che conserva tele dei fratelli Palizzi, di Valerico Laccetti e altri famosi pittori vastesi.
 
Dagli stupendi giardini di questo Palazzo ci si immette lungo la splendida balconata della loggia Amblingh che circonda  la parte più antica di Vasto, il quartiere della Concattedrale di Santa Maria, di fattura medievale, intricato dedalo di vicoli e viuzze che si affaccia sull'incantevole golfo lunato la cui vista, che raggiunge il Gargano e le Isole Tremiti, difficilmente svanirà dalla memoria del Viaggiatore Adriatico.
 
La Chiesa di S. Maria Maggiore è l’edificio religioso più antico (fine XI secolo) e conserva alcuni elementi originari: la lastra tombale del XII secolo e i resti del portico del XIII secolo (Piazza del Tomolo), la formella con l'Agnello dell'Apocalisse (Via Santa Maria), l'architrave con l'iscrizione del 1234 (Vico Pachia) e numerosi altri materiali lapidei erratici, presenti nel tessuto murario esterno. Il campanile è trecentesco. Entrando, colpisce la balaustra a valva che immette nella cripta; numerose le opere di pregio riconducibili alla scuola del Veronese e del Tiziano. La Chiesa di S. Maria Maggiore custodisce inoltre la reliquia della Sacra Spina, una delle spine della corona di Cristo portata in processione il venerdì precedente la Domenica delle Palme e il corpo del soldato martire venerato come San Cesario.
 
BENE: CONCATTEDRALE DI S.GIUSEPPE
 
Conserva la facciata romanica in pietra, dove tuttavia il portale (Ruggero de Fragenis, 1293), leggermente ogivale, rappresenta un esempio di transizione al gotico. L’interno neogotico serba il trittico cinquecentesco della Madonna col Bambino e i Santi Caterina d'Alessandria e Nicola di Mira, proveniente dalla Cappella di Cona di Mare (non più esistente) e firmato da Michele Greco da Valona.
 
 
EVENTI
 
Gruppi di cantori, anche giovani, si muovono la sera del 17 gennaio per le case del paese, riproponendo in costume un momento della vita del Santo e della sua lotta contro il male. Il diavolo e Sant'Antonio, con il gruppo di cantori, sono poi benevolmente accolti nella case e rifocillati. Un momento evocativo di sicuro godimento per il visitaotre, che ne potrebbe approfittare per una vacanza fuori stagione ed al quale non verrebbe certamente negata la possibilità di assaporare qualche salsiccia arrosto o le caratteristiche scrippelle nei vicoli del borgo antico.
 
 
SCHEDA CITTA’: PENNE
 
 
E’ questo un sito vaghissimo di una punta di Terra, che sporge in mare per buono spazio, e si lascia dalla destra, e dalla sinistra, due seni di marina, et é luogo altissimo per un porto sicuro, e capevole di moltissimi legni, e barche [...] E narrano come il Senato Veneto già volle comperare detto sito e pagarne cotanti zecchini, che toccandosi l’un l’altro, lo cingessero e circondassero tutto d’ogni intorno. Hora qui é edificata una bellissima Torre, in cui stanza un caporale con alcuni soldati, per guardia della campagna, e per fare segno quando si scopre alcun legno nimico, col fumo il giorno, e col fuoco la notte. Fummo introdotti per un’alta scala, che si pone e leva nella prefata Torre, e ricreati dalla cortesia del detto caporale, con pane, vino, poponi, uve, e fichi, con formaggio. Salimmo su la cima della Torre, ove vedemmo una bella provisione di canne secche per far fuoco la notte, di sassi, e di altre arme, per difendersi nei bisogni. E ci godemmo per buona pezza di quella bellissima veduta, che tiene detta Torre, di Tremiti, e di Monte Santo Angelo, verso la Puglia, a oriente; e di Ortona a Mare, e fino al monte d’Ancona, all’occidente; e per la marina. E fra Terra contemplammo la Maiella, Monte Corno, et altri luoghi assai, a mezzogiorno. Ove dalla banda di settentrione non vedevamo altro che mare, non si scorgendo la Schiavonia di là dall’Adriatico mare.
 

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